28/04/1988: il "Motin de l'Hesperia"

La conferenza stampa dei giocatori all'Hotel Hesperia

La vicenda del "Motin del Hesperia" è, ancora oggi, il punto più basso toccato nella storia del Club dal punto di vista sportivo, economico e, soprattutto, umano.

Di fatto una discussione tra dirigenza e giocatori in merito alla gestione dei diritti di immagine di questi ultimi portò ad un muro contro muro culminato in una conferenza stampa (tenutasi all'hotel Hesperia di Barcellona) di tutta la prima squadra del Barcellona (eccezion fatta per tre giocatori) allenatore compreso. Qui, a mezzo di un comunicato ufficiale, i giocatori richiesero le dimissioni del presidente in carica Josep Lluís Núñez. In seguito a questo fatto senza precedenti il Club si "diede una regolata", cambiò moltissimi giocatori della prima squadra mentre allontanò i più ribelli decidendo di iniziare un nuovo ciclo, scelta che si rivelò azzeccata dal momento che da lì iniziò l'epoca d'oro del Dream Team.

Copertina del Mundo sulla vicenda

1° marzo 1981: Quini sequestrato!

Quini dopo la liberazione

Il 1° marzo di 32 anni fa Enrique Castro Quini, il principale attaccante del Barça di inizio anni '80, fu suo malgrado protagonista di un evento che gettò nell'angoscia tutto il calcio spagnolo.

Subito dopo una partita di Liga contro l'Hercules di Alicante, dove il giocatore aveva segnato 3 gol, Quini fu sequestrato e la sua "scomparsa" pregiudicò il gioco del Barça, fino a quel momento destinato per lo meno a mettere in grande difficoltà la capolista Atletico Madrid, con due soli punti di vantaggio, a cui avrebbe dovuto far visita la giornata seguente.

Quini venne liberato 24 giorni dopo il suo rapimento, il 25 marzo 1981 durante una spettacolare oeprazione della polizia spagnola che riuscì a scoprire il luogo dove era tenuto prigioniero (l'officina di un meccanico a Saragoza) e a liberarlo con un blitz.

Pochi giorni dopo la sua liberazione Quini si riunì alla squadra e tornò presto in campo per terminare il campionato come capocannoniere e per aiutare la squadra a vincere l'unico trofeo della stagione (la Coppa del Re ottenuta dopo un bel 3 a 1 contro lo Sporting Gijon sua ex squadra).

Dopo la sua liberazione Quini spese buone parole per i suoi sequestratori e ritirò la denuncia contro di loro. Il Barça al contrario proseguì la causa legale contro i rapitori e chiese 35 milioni di pesetas come risarcimento per la mancata conquista del campionato; l'avvocato del Club chiese anche una condanna a 23 anni di carcere per i partecipanti al sequestro. Alla fine la sentenza, emessa il 15 gennaio 1982, condannò gli accusati a 10 anni di carcere nonchè al pagamento di 5 milioni di pesetas a Quini che però rifiutò questo denaro.

 

Il 24 gennaio 1982, Quini segnò il gol numero 3.000 nella Liga per il Barça al Camp Nou e contro il Castellon.



L'amore di Barcellona per Hans Krankl

Hans Krankl (www.blaugranas.com)

A Hans Krankl, nella 1978/79, toccava il non facile compito di riempire il vuoto lasciato da Johan Cruijff nell'attacco del Barcellona. Il fuoriclasse austriaco arrivò a Barcellona dal Rapid Vienna, non certo una delle squadre più forti d'Europa, ma si presentò con un biglietto da visita di tutto rispetto: nella stagione 1977/78 era stato il giocatore europeo a segnare il maggior numero di reti (ben 41!) e, ovviamente, iniziò ad essere "corteggiato" da mezzo mondo. L'asta al rialzo, sapientemente orchestrata dal Rapid Vienna, vide vittorioso il Barça, bisognoso di una nuova icona da idolatrare dopo la partenza di Johan così che il neo presidente azulgrana Jose Luis Nuñez dovette allargare di un bel po i cordoni della borsa tirando fuori la considerevole somma di 71 milioni di pesetas per arrivare al bomber austriaco. Tutti soldi che si rivelarono ben spesi: nel corso della stagione Hans segnò la bellezza di 29 gol, 6 in più dell'altro "fenomeno" dell'epoca Quini, all'epoca allo Sporting Gijon (ma poi trasferitosi al Barça negli anni '80), score che gli permise di vincere la classifica dei cannonieri. Come spesso accade quando sembra che le cose non possano andare meglio, il destino aveva in serbo una brutta sorpresa per Krankl. Il 6 maggio 1979, il Barça aveva da poco finito la sua gara interna in notturna contro l'Espanyol al Camp Nou. L'austriaco stava tornando verso casa in auto insieme alla moglie Inge e al suo avvocato. All'angolo tra il Carrer Numancia e la Diagonal la loro auto, una mini, venne travolta da un altro veicolo convolgendola in un gravissimo incidente: fin da subito fu chiaro che, dei tre occupanti l'abitacolo, Inge era quella che versava nelle condizioni peggiori.

Articolo del Mundo Deportivo dedicato all'incidente

Non appena la notizia si diffuse migliaia di persone tra tifosi, compagni di squadra e giornalisti si radunarono di fronte all'ospedale ove i tre erano stati ricoverati e dove Inge lottava tra la vita e la morte. Molti furono i volontari che donarono sangue per aiutare la giovane sposa. Fortunatamente Inge iniziò a migliorare col passare dei giorni e nella prima apparizione pubblica dopo l'incidente Krankl, visibilmente emozionato, dichiarò di sentirsi "catalano" e di essere disposto a difendere i colori blaugrana come mai aveva fatto fino a quel momento. Solo 10 giorni dopo l'incidente si disputava la finale di Coppa delle Coppe a Basilea. Krankl, che con i suoi gol aveva trascinato i blaugrana alla finalissima, era deciso a giocare quella gara. 30.000 tifosi del Barça acompagnarono la squadra in quella storica trasferta e il loro entusiasmo venne ripagato con una splendida partita vinta dal Barcellona 4 a 3 e, cosa più importante, con la prima Coppa delle Coppe nella storia del Club. A due anni di distanza da quella notte magica, Krankl abbandonò il Barça per fare ritorno nuovamente al Rapid Vienna. Così la storia finiva come era iniziata. Tuttavia quel vincolo speciale, nato in una drammatica notte del 6 maggio 1979, ancora oggi è molto sentito per tutti i tifosi del Barça.

Biglietto di uno dei pullman diretti a Basilea per la finalissima (www.todocoleccion.net)

Lo scandalo Guruceta

Il 6 giugno del 1970 il Barça giocava in casa la semifinale di ritorno della Coppa di Spagna contro il Real Madrid dopo aver perso l'andata al Bernabeu per 2 a 0. La rimonta verso la finale sembrava possibile grazie al gol siglato da Rexach al 85° minuto e così il Barça attaccò per tutto il secondo tempo cercando di impattare il computo dei gol rispetto alla gara di andata.

Poi, a 5 minuti dal fischio finale l'arbitro Emilio Guruceta fischiò un rigore in favore del Real Madrid, per un fallo del blaugrana Rifé, commesso due metri fuori area. Con quel rigore il Madrid ottenne il pareggio e si qualificò per la finale ma i restanti minuti di gara non si poterono giocare per le intemperanze del pubblico che prese a lanciare di tutto sul terreno di gioco.

Dopo quella gara l'arbitro Guruceta fu ricusato dal Barça che mantenne questa decisione fino al 1985.

Lo strano caso di Julio César Benitez

Julio César Benitez in azione

Difensore di notevole forza fisica ma dotato anche di una notevole tecnica e buon tiro. Le sue marcature sull'attaccante madridista Francisco Gento fecero crescere la sua fama trai tifosi del Barcellona. La sua morte, prematura e improvvisa, commosse tutta la Spagna il 6 febbraio 1968, a pochi giorni da un partita decisiva che, al Camp Nou, avrebbe visto affrontarsi Barça e Real Madrid, squadre in lizza per la vittoria del titolo.  A causare la morte di Julio Cesar Rodriguez fu una avvelenemento causato da molluschi. Migliaia di tifosi del Barça vollero rendere omaggio alla sua salma, esposta per due giorni al Camp Nou.

Copertina del Mundo Deportivo

I suoi compagni, profondamente turbati per la sua scomparsa, si rifiutarono di giocare la gara contro il Real Madrid in simili condizioni psicologiche e il Club chiese di rinviare la gara. Il Real Madrid accettò e la partita si giocò il martedì seguente terminando con il risultato di 1 a 1, risultato che, a sole tre giornate dalla fine, dava il titolo ai bianchi madrileni. Malgrado questo insuccesso i giocatori blaugrana decisero di conquistare la Coppa del Re e dedicarla alla memoria di Julio César Benitez, impresa che riuscirono a compiere proprio nella finale contro il Real Madrid, giocata nello stadio Santiago Bernabeu della capitale spagnola.

 

Barça in maglia bianca!

Coppa Latina 1952: Barça in bianco

Anche se la cosa potrebbe sembrare sorprendente, diverse volte tra il 1899 e il 1970 il Barça ha indossato una maglia bianca come seconda divisa e l'ultima volta in cui la prima squadra ha giocato in bianco è stato in una gara europea fuori casa: il 7 marzo 1979 sul campo del Ipswich Town. A tal proposito è interessante "pescare" la spiegazione data a questo fatto dal Centro de Documentación y Estudios del FC Barcelona. Secondo il Centro fino allo scoppio del caso Di Stefano (1953) la rivalità con il Real Madrid non era sentita come al giorno d'oggi e dunque il colore bianco per la seconda maglia non era considerato così scandaloso. Semplicemente era considerato il più idoneo ad evitare confusione con tutte le squadre che in casa utilizzavano maglie con colori scuri. L'usanza della seconda maglia bianca durò, come già detto, fino alla fine degli anni '70, quando le proteste di diversi soci e tifosi blaugrana fecero si che il Club decidesse di abbandonarlo per sempre.

Il colore bianco fu presente anche nei pantaloncini del Barça e non nella divisa da trasferta ma in quella casalinga e questo soprattutto nei primi anni di storia del Club, fino almeno al 1913 quando si decise di adottare il colore nero poi abbandonato per il blu fino ai giorni nostri.

Il caso Di Stefano

Di Stefano in blaugrana

Alfredo Di Stefano e il Barça: un matrimonio impossibile. L'attaccante ispano-argentino, quasi sconosciuto in Spagna fino allo scoppio del famoso caso, suscitò grande entusiasmo quando nel 1952, tra le fila dei Millonarios de Bogotà,  disputò una amichevole al Santiago Bernabeu contro il Real Madrid. Di Stefano giocava in colombia dal 1947, anno in cui era iniziato un clamoroso sciopero dei calciatori argentini che lo aveva costretto ad abbandonare quella che all'epoca era la sua squadra: il River Plate. Il Real Madrid fece una trattativa con il club di Bogotà per comprare il giocatore e la portò a termine positivamente il 24 luglio del 1953. 

In realtà nel corso di quella estate l'ex giocatore di Barça e Madrid Pepe Samitier, all'epoca segretario tecnico culé, e l'avvocato Ramón Trías Fargas trattarono Di Stefano sia con il River che con il Millonarios. In quel momento si presentarono i problemi per il suo passaggio in azulgrana dal momento che la proprietà del cartellino era dei Millonarios fino al 1° gennaio 1955 e il Barça si rifiutò di negoziare con i colombiani dal momento che formalmente l'ispano-argentino era ancora proprietà del River. Quasi un mese dopo che il Madrid aveva annunciato la cifra pagata ai colombiani (non proprietari del giocatore) per Di Stefano, il Barça emise un comunicato dichiarando di aver raggiunto un accordo per l'acquisto del giocatore con il River Plate (effettivamente proprietario del cartellino). 

Nella stessa dichiarazione il Barça ammetteva di aver comunicato l'operazione alla AFA  (federcalcio argentina) che lo aveva accettato, e alla FCF (federazione colombiana) che però non lo potè autorizzare. 

Di Stefano (in maglia bianca) e Kubala

Il 15 settembre 1953 intervenne la Real Federación Española de Fútbol per tentare di risolvere la contesa, ed emise un comunicato con il quale autorizzava Di Stefano a giocare in Spagna per quattro stagioni: due nel Madrid e due nel Barça ad anni alterni. Il presidente blaugrana, Enric Martì, in disaccordo con questa "salomonica" soluzione presentò le proprie dimissioni dalla massima carica dirigenziale in segno di protesta. Nel frattempo Di Stefano stava indossando la maglia blaugrana e le sue prime apparizioni furono decisamente al di sotto delle aspettative, al punto che il dirigente blaugrana Josep Vidal-Ribas, firmò un documento nel quale, a nome del Club, rinunciava a tutti i diritti del F.C. Barcelona su Di Stefano in favore del Real Madrid che si impegnava a pagare il resto del cartellino agli argentini pur avendolo già pagato ai colombiani.

Inizialmente la stampa dell'epoca presentò questa soluzione come un successo per il Barça capace di liberarsi di un giocatore di talento ma che per il momento stentava ad ambientarsi. Col tempo però la musica cambiò, soprattutto quando col passare delle stagioni Di Stefano divenne l'indiscussa stella del Real Madrid guadagnandosi il nome di "saetta bionda".

Uno dei personaggi più colpiti dalla vicenda fu senz'altro Pepe Samitier, frustrato per non essere riuscito ad far giocare nel Barça Kubala e Di Stefano, vere e proprie leggende calcistiche di quegli anni.

 Un esempio di quello che questi due top player ante-litteram avrebbero potuto fare insieme si ebbe in una amichevole che i blaugrana giocarono contro il Vasco de Gama, imponendosi per 6 a 2. Curiosamente la"saetta bionda" realizzò i suoi primi due gol ufficiali in maglia bianca proprio contro il Barcellona, battuto 5 a 0 al Bernabeu.

Mussolini contro il Barça

Barcellona sotto le bombe italiane il 30/1/1938 (foto ricavata da Archivio Militare dell'Areonautica Italiana, Roma. )

A partire dalla fine degli anni '20 il Barça visse una lunga epoca di difficoltà economiche, dovute soprattutto al calo del numero dei soci e per questo nel 1931 la giunta direttiva, presieduta da Gaspar Rosés, decise di attuare una serie di misure per porre rimedio alla difficile situazione del Club. Oltre alla riduzione dello stipendio di tutti gli impiegati del Club, i dirigenti del Barça decisero di non far più allenare la squadra sui campi di "Sol de Baix" (terreni affittati a questo scopo a partire dal 1926) e di trasferire la sede sociale: i lussuosi uffici situati in un appartamento nel Passeig de Gràcia (ancora oggi la zona più cara di tutta la Spagna) usati come sede sociale dal 1929 al 1932 e che rappresentavano una spesa mensile di 20.000 pesetas (!) vennero abbandonati per un ufficio più modesto situato al n° 331 del Carrer Consell de Cent. Qualche anno dopo, nel bel mezzo della guerra civile spagnola, la città subì diversi bombardamenti aerei che colpirono in modo indiscriminato la popolazione civile. Gli attacchi aerei iniziarono nel 1937, ma fu soprattutto nel marzo del 1938 che la popolazione barcellonese venne colpita con più forza: ci furono infatti ben 12 bombardamenti in soli tre giorni. La mattina del 16 marzo 1938 quattro aerei Savoia S.81, fecero una prima offensiva lanciando proiettili contro la Ciutat Vella e l'Eixample causando 14 morti e 43 feriti. Il conto finale dopo tre giorni di attacchi sulla città, secondo alcune fonti realizzati per espresso ordine di Mussolini, fu di 979 vittime, numero indicativo dal momento che elevato fu anche il numero di dispersi.

Facciata della chiesa di San Filippo Neri a Barcellona. Evidenti nella parte bassa i segni dei bombardamenti della aviazione italiana..

Al di là dei morti ci furono ingenti danni materiali e tra le vittime di questi ci fu anche il FC Barcelona. Una delle bombe lanciate dagli aerei italiani colpì in pieno gli uffici del Club nel carrer Consell de Cent n° 31 lasciando solo rovine e uccidendo cinque persone che abitavano nelle case vicine. Solo il caso fece si che il custode degli uffici del Club, Josep Cubells, che guardava l'evolversi del bombardamento dal balcone posteriore dell'edificio, rimanesse illeso.

L'edificio che ospitava gli uffici del Barça fu ridotto in rovine e in mezzo a pietre e calcinacci spuntavano qua e la coppe, gagliardetti e documenti ufficiali che Cubells cercò di recuperare per quanto possibile. Malgrado gli sforzi del custode più di 300 trofei rimasero sotterrati sotto le rovine e i resti finirono nei magazzini del Club  finchè, nel 1962, un dirigente decise di vendere quei pochi resti ad un negoziante del carrer d'Hongria, nel quartiere di Sants. Un anno dopo, il membro della giunta direttiva Carles Barnils venne a sapere che alcuni tifosi dell'Espanyol stavano cercando quelle vecchie coppe per farne degli orinatoi (!) e si diede da fare per tornare in possesso di quei pezzi di storia viva. Con tutti quei resti, nel 1963 Barnils diede incarico alla fonderia Industrias Cabrera di realizzare un unico trofeo (disegnato da Oscar Zabala e realizzato dall'artista Joan Matarò), poi chiamato "Copa de Tots" (la coppa di tutti), un pezzo di 300 chili alto 1 metro e 63 cm, fatto per rappresentare la capacità di sopravvivenza del Barça di fronte alle avversità della guerra civile e alla repressione franchista. Dal 1984 il trofeo è nel museo del Barça.

Josep Sunyol i Garriga

Josep Sunyol

Sull'antica strada che unisce Madrid e La Corunya, al chilometro 51, è possibile vedere sulla parete di una vecchia casa la scritta: "Sunyol, present. 06/08/1936 - 06/08/1996 Guadarram". A pochi passi da questa casa una lapide ricorda quello che fu il presidente del Barça e che durante la guerra civile spagnola venne assassinato dalle truppe franchiste. A meno di un mese dallo scoppio della guerra civile Josep Sunyol, nella sua funzione di deputato per l'Esquerra Repubblicana di Catalogna, stava tornando in auto da Madrid. Si dice che il suo autista sbagliò strada e così l'auto finì in una zona controllata dalle truppe del generale Franco. Una pattuglia che presidiava la zona riconobbe Sunyol, catalano di soli 38 anni, e lo fucilò a sangue freddo. Da appena un anno, cioè dal 27 luglio 1935, Sunyol era diventato presidente del nostro club mentre tra il 1928 e il 1929 aveva già fatto parte della giunta del presidente Balaguer. Per ovvi motivi dopo il suo assassinio il Futbol Club Barcelona decise di non nominare più un presidente fino alla fine della guerra civile.

Il luogo dell'assassinio con la lapide che ricorda il presidente

Uomo benestante, barcelonista e catalanista, Sunyol entrò nella dirigenza del Barça in anni difficili, sia a livello sportivo sia a livello economico. Nel suo breve mandato presidenziale il Barça vinse il campionato di Catalogna e arrivò alla finale di Coppa del Re del 1936 dove solo le parate del super portiere Zamora permisero al Real Madrid di superare i blaugrana nella finale di Valencia. Oltre ai suoi incarichi per il Barça Sunyol era commerciante di zucchero, come Joan Gamper, e fondatore del giornale "La Rambla" che, con il sottotitolo di "sport e cittadinanza, lavorava per creare il sentimento barcelonista e catalanista. Qualche anno fa, proprio all'entrata di quella che un tempo era la sede di questo settimanale (proprio davanti alla fontana di Canaletes), il Barça volle porre una targa a ricordo del suo presidente.

Metti un giorno dal barbiere...

Joan Gamper

Nel negozio di un barbiere (più precisamente la Barberìa Pintò in Ronda Sant Pere) della Barcellona del 1922 si verificò un episodio che coinvolse due personaggi chiave della storia di Barça ed Espanyol: Joan Gamper e Genaro De la Riva. Genaro De la Riva, ex giocatore e presidente dell'Espanyol, si recò da Pintò per farsi radere e, già con la faccia insaponata, non potè fare a meno di sentire una conversazione tra il barbiere ed un altro cliente (anche lui con la faccia coperta di schiuma). I due parlavano del fatto che l'Espanyol navigava in cattive acque soprattutto da un punto di vista economico e, come se non bastasse, era anche stato obbligato ad abbandonare quello che fino a poco tempo prima era stato il suo campo tra carrer Muntaner e carrer Industria. Secondo il cliente servito in quel momento da Pintò, questo era un colpo troppo duro da superare per l'Espanyol, al punto che il secondo club cittadino sarebbe presto scomparso.

Il vecchio stadio Sarrià

Questi commenti fecero andare su tutte le furie Don Genaro che abbandonò la sua sedia per "avventarsi" sull'altro cliente, salvo rimanere pietrificato nello scoprire che questi altro non era che Joan Gamper, fondatore del Barça e presidente in quel periodo per la quarta volta. Da parte sua anche Gamper rimase di sale: era infatti un uomo molto educato e rispettoso e mai avrebbe detto qualcosa di simile sapendo di trovarsi a pochi passi dal presidente espanyolista. Sta di fatto che Genaro De la Riva promise a Gamper che non solo l'Espanyol avrebbe superato questo difficile momento, ma avrebbe anche trovato il modo di costruirsi uno stadio di proprietà.

Da pochi mesi (il 20 maggio 1922) il FC Barcelona aveva inaugurato il suo primo stadio di proprietà, il Les Corts, terreno che rappresentava motivo d'orgoglio per tutti i blaugrana anche perchè per il momento l'Espanyol era in mezzo alla strada. Probabilmente l'"episodio della Barberìa" convinse una volta di più Genaro De la Riva e i dirigenti dell'Espanyol a darsi da fare per dare una "casa" al loro club. Poche settimane dopo la famiglia De la Riva comprò alcuni terreni situati presso il quartiere Sarrià ed il 31 dicembre del 1922 si svolse la cerimonia di posa della prima pietra del nuovo campo dell'Espanyol.

1922: la dittatura chiude il campo del Barça!

Il "Les Corts"

Nel 1923 Primo De Rivera (capitano generale dell'esercito spagnolo a Barcellona) tramite un colpo di stato prese il potere con il supporto del Re spagnolo Alfonso XIII obbligando alle dimissioni il primo ministro Manuel Garcia Prieto. Il nuovo dittatore, predecessore di quello che sarebbe stato il ruolo di Francisco Franco, mise presto le cose in chiaro sopprimendo tutti i partiti politici, imponendo la censura con politiche autoritarie e reprimendo il catalanismo.

Molte realtà e associazioni catalane/catalaniste vennero sciolte d'ufficio e, tra le altre, tale sorte toccò al famoso Orfeo Català, nato nel 1891 e chiuso per imposizione governativa. Questo fatto fece tale scalpore che il Barça decise di organizzare una partita di omaggio all'Orfeo Català organizzando una amichevole contrp il Club Esportiu Jupiter da giocarsi il 14 giugno 1925. Per attrarre più pubblico all'avvenimento Arthur Witty, uno dei fondatori del Club, invitò la banda musicale di un vascello inglese che in quel periodo era attraccata al molo della città catalana. Prima della partita la banda eseguì la Marcia Reale, inno nazionale spagnolo, e il pubblico (14.000 tifosi) accolse le note dell'inno con fischi impietosi. La cosa, ovviamente, non passò inosservata e pochi giorni dopo il Club ricevette comunicazione dal Governo di De Rivera, in cui lo si avvisava che i fischi all'inno "nazionale" avrebbero portato all'apertura di un procedimento contro il Club. Al termine del procedimento il governatore civile della città, Joaquim Milans del Bosch i Carriò, comunicò al Barça la sospensione di tutte le sue attività per un periodo di sei mesi. Due giorni dopo la polizia si presentò agli uffici del Barça per chiudere e sigillare gli uffici del Club. La sospensione di tutte le attività del Club fu seguita dall'allontanamento di Joan Gamper come dirigente e dalla sua espulsione dal paese.

Barça-Milan 2013

La situazione appariva dunque drammatica eppure ancora una volta i soci del Club non tradirono la società al punto che il numero dei soci rimase inalterato per tutti e sei i mesi della sanzione e, come se non bastasse, pervenirono agli uffici della società molte donazioni anonime che permisero il prosieguo delle attività. Anche i giocatori fecero la loro parte e nessuno di loro abbandonò i colori blaugrana. Si approfittò del periodo di inattività sportiva per piantare un nuovo terreno erboso nel campo del Les Corts e di fatto tutti i club catalani, espanyol escluso, solidarizzarono con il FC Barcelona e accettarono di sospendere il Campionato Catalano per aspettare che anche il Barça potesse prendervi parte. Al termine della sanzione il Barça giocò una amichevole contro il First Vienna FC, il 24 dicembre 1925.

1921: aggressione all'arbitro e prima squalifica del campo

Una immagine del campo sito in Carrer Industria (www.blaugranas.com)

Il campo del Barça sito nel Carrer Industria fu il primo ad essere sanzionato con la squalifica nel gennaio 1921, a seguito degli incidenti provocati dai tifosi blaugrana dopo una partita contro il CE Europa e terminata con la vittoria culé per 2 a 1. Malgrado il successo i tifosi aggredirono l'arbitro e ciò provocò l'intervento degli agenti della Guardia Civil presenti allo stadio.

Questo fatto si verificò durante la stagione 1920/21 al termine di una partita del campionato della Catalogna: l'arbitro Pablo Lemmel, ex portiere del Madrid CF (ancora privo dell'appellativo di "Real) e noto per essere un anti-barcelonista e socio dell'Espanyol, venne aggredito da alcuni "facinorosi". Tale eccesso di violenza fu sancito dalla Federazione Spagnola, che decise di chiudere il campo del carrer Industria per 3 mesi. In quel periodo il Barça giocò di fatto solo 2 partite amichevoli in campo neutro ed entrambe furono contro il Newcastle United FC, il 15 e 16 maggio 1921, terminate con una vittoria per ciascuno. Le gare si giocarono sul terreno del FC Espanya.

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